Carlo Pisi nacque a Poviglio (Reggio Emilia), nella bassa padana, da una famiglia contadina il 27 ottobre 1897 e trascorse la sua fanciullezza a Brescello.
Il medico condotto del paese, che aveva in cura suo padre gravemente ammalato, vedendo dei piccoli capolavori modellati nella creta e messi ad asciugare al sole, riconobbe subito il vivace talento di quel bimbo di cinque anni e si raccomandò di non trascurare la sua formazione. I genitori seguirono il consiglio e appena Carlo ebbe compiuti i nove anni e non ancora completata la scuola elementare lo mandarono a Parma presso lo scultore Giuseppe Leoni ad imparare i segreti del marmo e la tecnica della lavorazione.
Purtroppo le precarie condizioni economiche della famiglia non gli consentirono di frequentare l’Istituto d’arte Paolo Toschi a Parma, ma il giovane, con i primi risparmi, acquistò alcuni attrezzi per lavorare in proprio, comprò dei libri d’arte e nei ritagli di tempo frequentava la biblioteca Palatina, dove studiò e conobbe i grandi classici del passato e si formò la sua cultura di autodidatta.
A Cogozzo (Mantova) si trova la grande Pietà del 1914, suo primo importante lavoro: aveva solo 18 anni.
La vita militare con la sua rigida disciplina fu per l’artista particolarmente gravosa. Perennemente distratto, Carlo Pisi non riusciva a seguire le istruzioni che gli venivano impartite. Sperimentò ben presto i rigori delle punizioni e, proprio in cella, per vincere la noia, si procurò della creta con la complicità di un commilitone e abbozzò il Ritratto del Colonnello. Questi, quando vide l’opera, rimase tanto colpito dal talento del giovane soldato che non solo lo lasciò libero di lavorare tranquillamente, ma gli mise a disposizione un attendente. Solo dopo cinque mesi venne mandato in zona d’operazione a Trento e successivamente in Albania. Anche questa volta la creta lo salvò in quanto fece il ritratto, molto apprezzato, dell’Ammiraglio Comandante della base di Vallona. Così si è svolta tutta la sua vita militare.
Il giovane possedeva naturalmente la giovialità popolare tipica della sua terra, la stessa che traspare da tutti i suoi ritratti, compresi quelli delle figure più aristocratiche, che non sfugge ad un attento osservatore.
Pisi lavorò prevalentemente in marmo ed in bronzo. Per i lavori in marmo prima creava i modelli in creta, della misura richiesta dal committente, poi in gesso, fase in cui li rifiniva ulteriormente e quindi li inviava a Carrara dove venivano trasposti in marmo.
La sua opera, oltre ad essere intrisa di partecipazione umana, rimase prevalentemente legata ad un modus operandi di stampo accademico.
Vinse a 23 anni il suo primo concorso, indetto dall’Amministrazione Provinciale di Reggio Emilia, per l’esecuzione di tre Monumenti ai caduti della guerra 1915-1918 nei comuni di Boretto, Poviglio, Guastalla e di altri in comuni vicini.
Dal 1920 al 1933 lavorò molto per le provincie di Reggio, Parma e Mantova ove si trovano i suoi primi lavori. Nel cimitero di Brescello rimane una pregevole cappella da lui interamente progettata e realizzata.
Dopo queste prime opere, che chiamava “peccati di gioventù”, le commissioni si moltiplicarono ma, sia per l’incapacità di gestire i propri interessi sia per la crisi del 1930-31, fu costretto a lasciare Brescello per trasferirsi definitivamente a Roma con la moglie Giuseppina e le due figlie Gigliola e Vincenza.
Nella Capitale la vita non fu facile. I primi tempi furono particolarmente duri anche perché rifiutava quasi sempre di farsi pagare o chiedeva compensi irrisori, ma riuscì a superarli anche grazie all’appoggio della moglie. L’artista, ancora in tarda età, soleva dire che alla sua amata “Pinì” doveva il grande merito della sua affermazione. Non perse mai la sua verve e, anche nelle situazioni più difficili, lo sostenne il carattere temprato sul grande fiume Po.
A Roma lavorò sotto la guida di Anselmo Bucci e fu allievo di Angelo Zanelli, all’epoca impegnato nelle sculture dell’Altare della Patria a piazza Venezia.
L’opera che riscosse forse maggiore plauso è la statua di Giovanni XXIII (1969), a Sotto il Monte, paese nativo del pontefice, venerata ed adorata da milioni di fedeli; la scultura rinvigorisce il ricordo del “papa buono” per la grande fedeltà fisionomica unita a un’intensa penetrazione psicologica. Non c’è pellegrino che non desideri avere una foto ricordo accanto al bronzo di papa Giovanni. Tutte le riviste pubblicano la foto della statua ma quasi nessuno sa che l’autore è lo scultore Carlo Pisi che, spesso, non firmava le sue opere.
Nel maggio del 1978 portò a termine un’altra grande statua: quella di Padre Pio, commissionata da Fra’ Daniele da Pietralcina, fondatore della “Casa del Fanciullo di Padre Pio” a Palermo, ove l’opera si conserva tutt’ora. Fra’ Daniele quando la vide esclamò: “di Padre Pio abbiamo una ventina di statue, qualcuna dovuta a scalpelli celebri, ma quella fatta da Pisi è la più bella di tutte”.
Certamente i personaggi di Padre Pio e Giovanni XXIII furono quelli a lui più congeniali, dove esplode il verismo della sua arte.
Interessanti sono anche i numerosi bassorilievi nei quali lo scultore fa emergere totalmente le figure dal fondo. In molti di essi l’artista si raffigura generalmente di profilo riprendendo l’antico modo di rendersi presente alla creazione dell’opera ma evitando di firmarla.
La sua fama varcò i confini nazionali ed ebbe diverse commissioni dall’estero. Infatti le sue opere si trovano in diverse parti del Mondo, dagli Stati Uniti alle Filippine, all’India, a Malta, in Palestina.
Nel 1964 in occasione della conciliazione fra le due chiese cattolica e quella greco-ortodossa sancita dall’incontro fra Paolo VI (primo papa moderno recatosi a Gerusalemme) ed il patriarca Atenagora scolpì un grande bassorilievo per la chiesa del Santo Sepolcro a Gerusalemme.
Nel 1973, a Washington, dove si era recato per l’inaugurazione di una sua statua, la vedova di Robert Kennedy, ucciso a Los Angeles nel 1968, gli chiese di fare il busto del marito. Carlo Pisi abbozzò un ritratto straordinario del senatore servendosi delle foto di cui disponeva.
Nella storia della sua vita fu molto importante l’incontro con Paolo Pace, nativo di Gozo, che ne sposò la figlia maggiore Gigliola. Paolo era cugino del Vescovo di Gozo, Mons. Giuseppe Pace il quale incaricò lo scultore di realizzare diverse opere per le chiese dell’isola. Grazie a questo legame Paolo Pace divenne l’intermediario di Pisi nelle isole maltesi e infatti, subito dopo la fine della seconda guerra mondiale, all’artista fu commissionato il Monumento ai caduti collocato a Victoria (Gozo). L’opera fu ultimata nel 1947 ma fu inaugurata soltanto nel maggio del 1954 dalla regina Elisabetta II.
Dopo la cerimonia la sovrana d’Inghilterra volle conoscere l’autore ed ebbe per lo scultore italiano parole di lode ed aggiunse: “se verrà a Londra, me lo faccia sapere; potrei anche posare per un ritratto”. Carlo Pisi non comprese l’importanza della promessa regale e rispose solo con le uniche due parole inglesi conosciute “thank you ”.
Il Monumento ai Caduti è indubbiamente una delle opere più famose di Carlo Pisi a Gozo.
Il 3 aprile del 1949 il Vescovo Pace benedì la Via Crucis nella parrocchia di San Giorgio in Victoria.
La produzione dello scultore per Malta, iniziata nel 1940 continuò ininterrottamente fino al 1970. Ivi si concentra la maggior parte delle sue opere.
Carlo Pisi ha sempre lavorato in umiltà e silenzio. Non ha mai fatto una mostra durante la sua vita.
Al primo giornalista che lo ha “scovato” e intervistato, chiese se “ fosse valsa la pena che si fosse scomodato ”.
Nonostante la sua vita trascorresse riservata e lontana dai riflettori gli fu riconosciuto il Cavalierato del Santo Sepolcro, onorificenza legata meriti artistici. E nel 1970 l’Unione della Legion d’Oro del Comitato Italiano delle O.N.G. presso le Nazioni Unite gli conferì il Premio dell’operosità nell’arte.
Cesare Zavattini, giornalista, scrittore e poeta, non poteva non accorgersi di questo nostro grande artista; in una lettera inviata alla figlia dello scultore, Gigliola si espresse così:
“Mi basta aver visto la statua di Padre Pio per capire, apprezzare la forza, naive o no, di Carlo Pisi, la forte naturalezza nel significato più puro, quasi isolato, dello scolpire padano, fuori da ogni scuola, però moderno perché fraterno con l’oggetto che deve rappresentare … di opere espresse con una coerenza fondamentale di stile e di affetto per la gente nota oppure ignota, da Pisi. Egli è così solidale con il prossimo, sempre, almeno dagli esempi che ho sott’occhio, si vede come al momento dello scolpire non bada a dov’è, non ha piani che non siano quelli di tirar fuori dalla pietra l’umanità del suo modello. Umanità è una parola un po’ fuori uso, specie negli ambienti artistici. Pisi la vive con una indipendenza e modestia che diventano creative. Sembra inconcepibile che un’artista del calibro di Carlo Pisi, al quale vennero commissionate opere monumentali da statisti, alti esponenti religiosi, note Associazioni ed Istituti, uomini celebri in tutto il mondo, sia stato ignorato dalla critica ufficiale e rimasto sconosciuto, come si suol dire agli addetti ai lavori. Non ho trovato una sola riga che lo riguardi, sulla stampa specializzata.
Il modo di onorare Pisi non ha bisogno di vistosità. Deve essere il riconoscimento della sua solitaria fatica, la storia di uno dei tanti uomini che avrebbero potuto e dovuto riscuotere in vita maggiori soddisfazioni. Non è una storia originale, ma chi l’ha vissuta, anche se ora è lontano per sempre, tende a riviverla, a riassumerla nei luoghi dove tanto sperò e soffrì”.
A Roma: oltre alle numerose opere presenti in collezione privata, si trovano molte sue sculture in edifici pubblici:
- Il Busto dell’Ammiraglio Duca del mare Thaon de Revel e il Ritratto del Duca degli Abruzzi, Palazzo Barberini.
- Ritratto del musicista Raffaele Casimiri, Basilica di S. Giovanni in Laterano.
- Giovanni XXIII, Pio X ed il Busto del Cardinal Tisserant, Palazzo dei Penitenzieri in via della Conciliazione.
- Statua di S. Benedetto, Abbazia di San Paolo alle Tre Fontane.
- Edmund Ignatius Rice, fondatore dei Christian Brothers, nell’allora Istituto Marcantonio Colonna (la stessa opera fu poi replicata per l’Irlanda, America e Australia);
- Il Buon Pastore e Giovanni XXIII (1973), Chiesa del Buon Pastore alle Tre Fontane;
- Il monumento dell’astronomo Giuseppe Armellini (1965), Osservatorio di Roma.
A Gozo:
- L’altare maggiore, Baldacchino, il Monumento in memoria di Mons. Giorgio Agius, due angeli. Basilica di San Giorgio, Victoria.
- S. Anna e la Vergine, S. Giuseppe e Gesù Bambino, Davide, San Giuseppe con le offerte per il tempio, Santuario di Ta’Pinu.
- Ritratto del vescovo Giuseppe Pace, Palazzo vescovile.
A Malta:
- Pulpito e due angeli (1949), Chiesa di S. Agostino, cappella del Ss.mo Sacramento, la Valletta.
- David, Piazza maggiore,
- Battistero, Lia.
- Bassorilievi Regina Mundi, Assunzione, Annunciazione, Madonna con Apostoli, Mosta.
Nel mondo:
- Il Presidente Juancho Yrausqui , Aruba (Antille Olandesi).
- Il Governatore D. Costa Gomez, Curacau (Antille).
- Mons. A. Gonzalo Mendoza, Managua (Nicaragua).
- Il Governatore Luis Marin, Puerto Rico.
- Madonna della compassione (1950), Latroun (Giordania).
- Ritratto dell’Ambasciatrice d’Irlanda (1940), Irlanda.
- Statua di San Gabriele (1963), Canada.
- Edmond Rice, Fondatore dei fratelli Cristiani Irlandesi, Irlanda.
- Madonna (1963), Canada.
- Monumento a San Pio X, Chicago.
- San Pio X, Cincinnati.
Carlo Pisi morì a Roma il 6 dicembre 1979.